QUEL CHE AFFIDIAMO AL VENTO
“Quel che affidiamo al vento” di Laura Imai Messina prende ispirazione da uno dei luoghi più colpiti dallo tsunami del 2011, situato nel Nord del Giappone, ai piedi della Montagna della Balena: Bell Gardia, uno dei luoghi di resilienza più intensi del mondo.
Un uomo ha collocato nel suo giardino una cabina telefonica e al suo interno un vecchio telefono con il filo collegato al nulla, se non alle voci del vento. È un luogo esistente, meta di pellegrinaggio in cui ogni anno si recano migliaia di persone per parlare ai propri cari defunti o a persone che si sono allontanate dalla loro vita.
“…Era un atto di pura fiducia alzare la cornetta, far sciacquare le dita nei dieci piccoli fori, e nonostante il silenzio che si divaricava, parlare. Ecco, la chiave era proprio la fiducia! …”
I protagonisti sono Yui, che ha perso la madre e la figlia a causa dello tsunami, e Takeshi, a cui una malattia ha portato via la moglie, rendendo muta la piccola Hana, sua figlia.
Il tema di fondo di tutto il romanzo è sicuramente la morte, ma è affrontato con estremo rispetto e delicatezza e le pagine scorrono veloci, con un ritmo pacato, quasi rilassante.
Narra la perdita in senso ampio, il lutto sotto molteplici aspetti: i ruoli che cambiano, i gesti che si spezzano, la quotidianità che inevitabilmente subisce cambiamenti.
Tutti i personaggi cercano risposte e affidano le loro vite a quel vento che soffia su di loro come la carezza dei loro cari scomparsi e vogliono consegnare le loro richieste di amore al vento.
Il Telefono del Vento non è un luogo in cui riversare soltanto il proprio dolore, ma un posto in cui porre anche le basi per una relazione nuova con chi si è perso. La sofferenza è palpabile, ma affrontarla serve ai protagonisti a superarla e a “rinascere”. Riemergere dal dolore significa rivivere, apprezzando ciò che di bello ci offre la vita.
“… La vita bisogna amarla …”
Quello che rende questo libro intimistico e allo stesso tempo universale non sono solo le parole, ma anche i silenzi, perché votati a parlare a tutti noi, costringendoci a fare i conti con il passato, il presente e il futuro.
Il libro ci insegna come, di fronte alle sottrazioni che la vita ci impone, possiamo anche aprirci alle tante addizioni che la vita stessa ci offre. Il tratto in cui le relazioni vengono paragonate al donare una parte di sé agli altri, il sottolineare quanto siano importanti per poter andare avanti nella vita, sono pagine che difficilmente dimenticherò. Splendido il finale dove in poche righe sono racchiusi il tormento, il senso di colpa per la possibile nuova serenità, la ricerca del contatto, di un nuovo contatto, la semplicità e la spontaneità dei bambini, il potere dell’ascolto, la potenza di una parola: “mamma”.
“… C’è sempre la possibilità di rinascere, di essere
nuovamente felici, bisogna solo avere il coraggio di farlo…”
Una recensione non semplice per un libro che fa della delicatezza la sua caratteristica principale. E delicato dovrebbe essere lo stato d’animo di chi si appresta a leggerlo. Sarebbe “magico” se il lettore trovasse una cabina telefonica fragilissima “di zucchero filato e meringa” e si facesse abbracciare dal vento!
Laura Imai Messina è nata a Roma e si è trasferita a Tokyo dove insegna in alcune delle più prestigiose Università della capitale. Scrittrice ed esperta di cultura giapponese, autrice di romanzi e saggi, il suo stile raffinato e lo sguardo privilegiato sul Sol Levante ne fanno una voce inconfondibile del panorama letterario italiano.
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(QUEL CHE AFFIDIAMO AL VENTO, L. I. Messina,
Piemme, 2021)
A cura di Gisella Marcellino
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